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Terremoto dell’Irpinia – 23 novembre 1980 

A seguito del terremoto del 23 novembre del 1980, viene elaborato il Piano Straordinario di edilizia popolare (P.S.E.R.), nell’ambito della legge 219 del 1981, in favore delle popolazioni colpite dal sisma. Il comune di Napoli decise di non ricorrere a strutture di emergenza, edificabili in poco tempo, ma di sviluppare un progetto di edilizia pubblica più strutturato, che avrebbe permesso di intervenire sulle periferie trasformandole, al fine di ospitare migliaia di persone. Questo avrebbe fatto sì che non ci fosse una forte delocalizzazione su scala provinciale, in quanto i sfollati provenivano dalla provincia di Napoli ma anche dall’entroterra casertano e da alcuni comuni del salernitano. Il piano prevedeva la costruzione di nuovi edifici, la riqualificazione di aree non ancora edificate e infine il consolidamento e recupero di alcune strutture.

Questo piano si inserisce in una serie di piani e di progetti precedenti al terremoto, tutti accomunati dalle politiche di intervento sulle periferie, che dal dopoguerra in poi avevano completamente trasformato, gran parte delle zone periferiche di Napoli, sia dal punto di vista urbanistico che economico, andando ad incidere ad esempio sulle attività agricole, attraverso la costruzione di industrie e palazzine per operai. 

Basilica dell’Incoronata Madre del Buon Consiglio, Capodimonte, Napoli. I danni a causa del terremoto del 1980

 

Terrae Motus e l’arte contemporanea a Napoli 

In ambito artistico il collezionista napoletano Lucio D’Amelio, a seguito del terremoto che colpì l’Irpinia, decise di contattare svariati artisti sia italiani che internazionali al fine di istituire una collezione d’arte contemporanea, chiamata appunto Terrae Motus. La collezione si compone di opere che riflettono sul concetto di sconvolgimento e interruzione del quotidiano, ma soprattutto fu un intervento che metteva in discussione il ruolo dell’arte come risorsa sociale. Nella storia dell’arte contemporanea napoletana, questo evento può essere considerato il più importante: Lucio D’Amelio riuscì ad inserire Napoli nel circuito contemporaneo anni ‘80, affiancata da città come Roma e Torino, ma aggiungendo un respiro internazionale con artisti come Beuys o Mapplethorpe. Attualmente una parte della collezione si trova alla Reggia di Caserta con un allestimento permanente. Questo tipo di impostazione, con chiamate ad artisti internazionali, caratterizza ancora gli interventi artistici napoletani. Primo fra tutti la nascita del museo Madre, in seguito all’installazione“Spiriti di madreperla” di Rebecca Horn in Piazza del Plebiscito nel 2002. O ancora il sodalizio tra Hermann Nitsch e il gallerista Beppe Morra che nel 2008 ha portato la Fondazione Morra a creare un centro di ricerca dedicato all’artista viennese: il museo Nitsch.

Joseph Beuys, Terremoto in Palazzo, 1981. Collezione Terrae Motus, Reggia di Caserta.

 

Andy Warhol, Fate presto, 1980. Collezione Terrae Motus, Reggia di Caserta.

 

Napoli est e il quartiere Ponticelli 

Per il P.S.E.R. venne scelta anche la periferia est di Napoli, che fra tutte era quella che mostrava maggiormente un degrado architettonico, ma soprattutto con il sovraffollamento più alto. Quindi con i fondi provenienti dal piano, piuttosto che consolidare e adattare strutture precedenti all’uso abitativo, si optò per la costruzione di nuove aree nella zona orientale del capoluogo. Nel 1981 si arriva alla nascita di nuovi rioni popolari, nelle zone di San Giovanni, Barra e Ponticelli. Questa area, che vide un importante sviluppo in epoca borbonica, acquisisce col tempo in letteratura, la denominazione di “paesaggio assemblato”, definizione che rispecchia la storia dei numerosi e frammentati interventi urbanistici. In questa area si sovrappongono aree industriali, quartieri residenziali, infrastrutture stradali e ferroviarie, molte delle quali oggi sono dismesse. Chi percorre i confini cittadini alle pendici del Vesuvio incontra un paesaggio stratificato, testimone di politiche e idee diverse che si sono susseguite negli anni e che non hanno facilitato uno sviluppo uniforme e adeguato. Ponticelli più di ogni altro quartiere periferico riflette la frammentazione di questi interventi urbanistici, che si mostrano in progetti e pianificazioni territoriali incompleti e, a differenza dei due quartieri confinanti, risente ancor di più di una posizione geopolitica scomoda, che si manifesta attraverso l’assenza di servizi. Per la sua natura di quartiere doppiamente isolato, nei progetti di edilizia, sin dagli anni ’60 veniva definito come “zona satellite” per la città, una sorta di avamposto residenziale che collegava il capoluogo ai comuni a nord del Vesuvio.

 

“Parco Evangelico” complesso di casette prefabbricate donate nel 1983 dalla Federazione delle Chiese Evangeliche.

Viale delle Metamorfosi, Ponticelli, Napoli.

Viale delle Metamorfosi, Ponticelli, Napoli.

Viale delle Metamorfosi, Ponticelli, Napoli.

 

Parco dei Murales

Iniziato nel 2015, il progetto PARCO DEI MURALES promosso da INWARD – Osservatorio nazionale sulla creatività urbana, è un programma di riqualificazione artistica e rigenerazione sociale per il complesso di abitazioni popolari del Parco Merola, nel quartiere di Ponticelli.

Gli interventi di street art (o per meglio dire di “nuovo muralismo”) di artistə nazionali e internazionali, come Fabio Petani, La Fille Bertha, Jorit, Hope e moltə altrə, hanno coinvolto le persone residenti nel processo creativo donando alle opere un forte carattere partecipato. Grazie alla collaborazione con associazioni locali e nazionali, l’organizzazione ha curato gli interventi legandoli ad importanti tematiche sociali. Il programma ha avuto seguito nel Rione dei Murales, nel celebre Rione Luzzatti Ascarelli, anch’esso nella zona orientale della città, ed è diventato un format esportato in altre periferie italiane.

La creatività messa in campo nel progetto ha reso possibile lo sviluppo di un turismo locale che prima sembrava impensabile: numerose sono le escursioni libere, ma il vero promotore del territorio è un sistema di visite guidate che attira molte persone e professionistə del settore artistico e culturale. Tuttavia il più grande successo dell’iniziativa consiste nell’offrire a chi abita il rione una rinnovata autostima del proprio vivere quotidiano.

‘A Mamm’ ‘e Tutt’ ‘e Mamm’, La Fille Bertha, 2017. Parco Dei Murales. ©INWARD

Cura ‘e paure, Zeus40, 2018. Parco Dei Murales. ©INWARD

 

Contesto sociale e attivismo 

Dai dati ISTAT, forniti dalla commissione periferie con Associazione Civita, emerge che Ponticelli è il quartiere italiano in cui si registra la più alta presenza di giovani neet – Not in Education, Employment or Training – ossia giovani tra i 15 a i 25 anni che non studiano e non lavorano, con una forte disillusione e basse aspettative per il futuro. Presenti in tutta Italia (maggiormente al Meridione) a Ponticelli, a fronte di una media nazionale del 20%, se ne registra una presenza del 31%. L’assenza di occupazione, il continuo isolamento sociale, dato dalla scarsità di servizi e attività culturali e il diffuso abbandono degli studi, hanno reso Ponticelli il quartiere con più giovani che si avvicinano alla criminalità organizzata. Infatti negli ultimi anni le guerre tra clan (poco influenti, ma numerosi) avvengono tra i giovanissimi, con una mortalità giovanile che supera altre zone periferiche con gli stessi meccanismi di controllo del territorio da parte della camorra. Tra le vittime della camorra possiamo ricordare Ciro Colonna a cui è intitolato il CUBO – centro polifunzionale aperto nel 2019 nell’ex scuola di via Curzio Malaparte e affidato alla onlus Maestri di Strada, che punta sulla sperimentazione di nuove pratiche educative per far fronte alla dispersione scolastica. Il centro è un cantiere per laboratori e attività rivolti per chi vive il quartiere, organizzati da associazioni con obiettivi simili: TerradiConfine, nata per migliorare la vita della popolazione più giovani, riprendendo il concetto di Politica inteso come bene della polis; Trerrote che ha l’obiettivo di rivalutare la periferia di Napoli attraverso il teatro, la ricerca e l’educazione; Associazione EST (educazione – sogno – territorio), che fonda la propria attività sulla sperimentazione artistica attraverso i più giovani e che dal 2020 possiede il primo laboratorio territoriale di serigrafia. Di fianco al CUBO, troviamo atelier ReMida, centro di riuso creativo e sartoria sociale per lavori di cucito creativo. La condizione sociale del quartiere può essere spiegata dal fatto che si vive in un’isola dentro l’isola: Ponticelli, insieme ai due quartieri confinanti di San Giovanni a Teduccio e Barra, rappresenta un’area satellite che, dal punto di vista socio-economico e soprattutto culturale, sembra lontana dal centro cittadino di Napoli. Ma Ponticelli, a differenza degli altri due quartieri, risente ancora di più di questo isolamento: non possiede un accesso al mare, pochi i servizi ferroviari idonei, e ha un tessuto urbano disomogeneo. In questo contesto risultano peculiari iniziative che puntano alla riqualificazione degli spazi pubblici e alla creazione di una comunità, come l’Orto Sociale Urbano, progetto curato dal Centro Diurno Lilliput, a cui è stato affidato il parco Fratelli De Filippo. Volgendo uno sguardo d’insieme alla sesta Municipalità è doveroso citare il Centro Asterix a San Giovanni a Teduccio, una struttura multifunzionale co-gestito da Callysto APS insieme ad una rete di enti, dove trovano spazio attività e progetti di stampo sociale, creativo ed artistico. Anche se formalmente si trova nel comune di San Giorgio a Cremano, menzioniamo anche il Macadam che ospita, promuove e produce rassegne ed eventi di teatro, musica, teatro di strada, nuovo circo, teatro di figura, performing art e arti visive. In risposta alle tematiche relative al genere e alle pari opportunità, opera invece l’associazione Le Kassandre entrata nel 2010 nella Rete Nazionale Centri Antiviolenza 1522 attivandosi con azioni dirette per il contrasto alla violenza ma portando avanti anche un indiretto attraverso attività di promozione culturale e di sensibilizzazione. Le realtà che abbiamo citato sono solo una piccola parte della rete di enti e associazioni operanti sul territorio. La presenza di questo tipo di attivismo è ben accolta dalle persone residenti, molto spesso afflitte dal pregiudizio e da una narrazione negativa che fa conoscere prevalentemente la loro casa per le lotte intestine tra clan della camorra. L’associazionismo e l’artivismo sono quindi una possibilità di riscatto e una speranza per le generazioni più giovani.